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16.3.12

SERGIO ANCARANI ED I SUOI FATIDICI 100 KM. ORARI, IN CATAMARANO



Sergio Ancarani

Nell’estate di quell’anno, mio padre dovette recarsi a Francoforte per una fiera del tessile  e un giorno, approfittando della sua assenza, volli provare la sua barca. 
La mia intenzione era quella di raggiungere i fatidici 100 km/h - sfida che molti in quella categoria, avevano tentato invano.
Mio padre era arrivato a 96 km/h ed io, pensavo, essendo più leggero, forse ce l'avrei fatta. Per questo, in una giornata di alta pressione, verso mezzogiorno, quando i battelli sono fermi, presi la barca e uscii dalla darsena.
Dopo essermi diretto a nord, verso l’Isola, per prendere bene lo slancio ed usufruire della Breva (il vento da sud che permette di sollevare la prua della barca e diminuire la superficie bagnata), girai la prua in direzione Como e diedi tutto gas.

Ricordo bene lo specchio d'acqua liscio, con solo qualche piccola increspatura dovuta alla nascita del vento da sud che mi doveva aiutare nell'intento.
Guardavo il tachimetro salire velocemente, mentre mi ero spostato a poppa per alleggerire la parte anteriore e permettere all'aria di entrare nel tunnel e sollevare il piu' possibile tutta la barca.

La lancetta del tachimetro segnava 95 km/h e continuava a salire, mi ero accucciato il più possibile per ridurre la resistenza dell'aria; 97, 98, 99, 100 … Ormai, guardavo solo la lancetta e non davanti a me. Ad un tratto, sentii come un leggero scodamento.  Guardai a sinistra e vidi una cosa stranissima: la superficie del lago, andava in discesa.
Naturalmente, non era il lago che scendeva… ma io, che stavo decollando.

La barca fece un mezzo looping in aria e toccò l'acqua con il posteriore dello scarpone sinistro, innescando una trottola che da terra sembrò (così mi dissero dopo) una tromba d'acqua.
Alla fine la barca si fermò, fortunatamente senza rovesciarsi.

Il motore non era più visibile perché si era staccato dalla poppa che aveva ceduto, io avevo la maglietta piena di sangue a causa dei tiranti della timoneria che avevano seguito il motore.
C'era un grande silenzio, poi da più parti cominciarono ad arrivare barche di persone che da entrambe le sponde del lago avevano visto l'accaduto.
Mi rimorchiarono a casa e mi fecero salire subito sulla barca da corsa di un amico di mio padre per farmi passare lo spavento.

La mia paura più grande era invece l'idea che il motore avrebbe dovuto essere smontato completamente, che la poppa della barca rifatta così come gran parte degli interni e tutto questo in una settimana.

La domenica seguente infatti mio padre avrebbe dovuto partecipare all'ultima gara del Campionato Italiano Fuoribordo 100Hp ed aveva solo due punti di vantaggio sul secondo.
A questo si aggiungeva il terrore di confessare a mio padre quello che avevo fatto in sua assenza. Grazie a mia madre tutto fu risolto e mio padre riuscì a vincere quella Centomiglia del Lario che gli permise di aggiudicarsi il titolo nazionale.
Naturalmente, prima della gara, non gli avevamo raccontato l'accaduto e soprattutto non gli avevamo detto che il motore era in rodaggio…

E fu così che, da quell’anno, le barche più veloci adottarono quella carena - nata proprio sullo specchio d’acqua antistante Torriggia.

da SERGIO ANCARANI - (Segrate - MI)
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