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14.2.12

MI RICORDO DEL C3

Piero Pizzi - (Lecco)


Quando ammiro il lago dal terrazzo della Canottieri Lecco, secondo me uno dei suoi punti più suggestivi, mi tornano improvvisamente alla memoria tanti ricordi che mi legano a questo posto.





Proprio in questi giorni ricorrono sessantaquattro anni (caspita, così tanti!), dall’impresa di PIETRO VASSENA, putroppo dimenticata.
Era da poco finita la guerra, la miseria e le distruzioni erano tante tuttavia Pietro Vassena s’indebitò per realizzare il suo sogno, un SOMMMERGIBILE tascabile.
Un particolare curioso, il suo laboratorio era in un cortile della centralissima via Cavour, oggi trasformato in un centro commerciale.
Perché lo chiamò  C3 ?
In ricordo della cella n.3 dove fu detenuto subito dopo la liberazione per collaborazionismo con i tedeschi, avendo venduto loro gasogeni funzionanti a legna e carbonella, di sua invenzione, che sostituivano, su tutti gli automezzi, il carburante.
Solo questa particolare realizzazione, assommata a quelle relative alle moto, avrebbero fatto di Vassena, se fosse nato in America, il ricchissimo boss di una multinazionale, a Lecco, invece, rimase sempre per chi conta un “geniaccio stravagante”, ma soprattutto incompreso.


Oggi mi rivedo assiepato con tanta altra gente, sul pontile della darsena della Canottieri, per festeggiarlo mentre rientra dopo un’immersione di cento metri nel centro del lago.
Avevo da poco letto Ventimila leghe sotto i mari di Verne e, quando Vassena comparve sulla piccola torretta, mi parve scorgere il capitano Nemo in persona.


Fu portato in trionfo fino al suo laboratorio e sorrido pensando alla personalità di questo singolare personaggio, festeggiava il successo a braccetto di alcune belle donne ed io, allora giovanissimo sognatore, lo invidiavo proprio per questo!


Ad Argegno portò il C3 alla profondità di oltre 400 metri, quando i sommergibili raggiungevano allora al massimo i 170 metri.
Un’impresa straordinaria! Un coraggio che rasentava l’incoscienza!
Come finì?
La storia in Italia è una facciata imbandierata che sembra nascondere sempre oscure trame.
La Marina militare volle sottoporlo a delle prove e nel novembre del 1948 ad Ischia, durante il rientro in porto, per colpa dello sportellone lasciato aperto, con il mare mosso, affondò.


Da allora giace fra quei fondali, a nascondere un grande sogno ed un prodigio di tecnica.
Ma perché quello sportellone era rimasto aperto con il mare mosso? Volutamente o no?

da  PIERO PIZZI - (Lecco)
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