mariposa (quarta D) - (Milano)
Ci riconoscevano subito. Con quegli enormi fogli da disegno arrotolati sotto il braccio non potevamo che essere studenti del Setificio, che all’inizio degli anni Settanta stava ancora in fondo a via Carducci, al numero nove, di fronte al Liceo classico.
Ovviamente, della sezione D(-isegno) per tessuti.
Ovviamente, della sezione D(-isegno) per tessuti.
Quei fogli Fabriano, cotone centopercento, erano il nostro ingombro e vanto. Quando in classe, all’ultimo piano del sontuoso e affaticato palazzo, con scaloni regali, aule dai soffitti alti e piene di luce naturale, li srotolavamo sui banconi neri e ci seminavamo sopra piccoli e grandi fiori (copiati dal vero), ci sentivamo un poco artisti.
Con la primavera dai finestroni aperti, insieme al tepore, entravano anche gli sberleffi dei cugini del liceo. A ogni intervallo era sempre peggio, e a volte non senza ragione. Perché in un angolo del piano rialzato, vicino allo scalone, c’era il laboratorio di chimica che esalava lo sgradevole olezzo dell’accadue-esse, l’acido solfidrico: una puzza di uova marce asfissiante, marchio indelebile degli esperimenti di chimica analitica, anticamera dei segreti dei coloranti per la stampa. Ma il primo passo del giovane alchimista-bigat, in rigoroso camice bianco, era soffiare nel vetro per costruire becher e provette. Quante volte abbiamo fatto cilecca! Come nel vicino laboratorio di fisica con i nostri maldestri tentavi di costruire una resistenza o una pila.
L’aula di tessitura, invece, stava al primo piano, appena sopra: la lavagna lunga come la parete e la cattedra, da cui il prof più severo dell’istituto Paolo Carcano ci svelava l’arte di fili e filati, di trame e orditi. Nozioni che mettevamo in pratica nella nostra “fabbrica”, oltre il cortile, proprio di fronte all’ingresso. Qui, a stordirci, non era la puzza, erano i colpi cadenzati e secchi di licci e navette.
Ma era sempre lassù, al secondo piano, lato presidenza, che davamo il meglio, copiando anche quadri d’autore in versione disegni per tessuti: Braque, Fontana, Matisse, Picasso “cadevano” sui nostri fogli Fabriano come pezzi d’antiquariato, in mezzo a un arcobaleno di flaconcini quadrati.
Per noi bigat della sezione D(isegno) fingere d’averne dimenticato uno diventava la scusa ideale per passare l’intervallo fuori, con la complicità dei bidelli che avevano l’ordine di sprangare il portone. Non era però da Camagni che volevamo andare, ma al mercato che ogni martedì, giovedì e sabato ci teneva compagnia con le sue voci. E i suoi colori. Che nessuno è mai riuscito a chiudere in boccetta.
Per noi bigat della sezione D(isegno) fingere d’averne dimenticato uno diventava la scusa ideale per passare l’intervallo fuori, con la complicità dei bidelli che avevano l’ordine di sprangare il portone. Non era però da Camagni che volevamo andare, ma al mercato che ogni martedì, giovedì e sabato ci teneva compagnia con le sue voci. E i suoi colori. Che nessuno è mai riuscito a chiudere in boccetta.
da MARIPOSA(quarta D) - (Milano)
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1 commento:
Commento ricevuto via mail, con richiesta di pubblicazione:
"Il palazzo del vecchio Istituto di Setificio è per me un luogo di tanti ricordi, perchè, tanti anni fa, io ho insegnato Scienze per breve tempo in quella scuola. Ero piuttosto giovane e avevo l'incarico di seguire tutti i gradi di classi per un totale di circa 150 studenti, che, in gran parte, ricordo ancora come visi e nomi e per le loro manifestazioni affettuose.
Tra l'altro, ricordo che, con il ritorno dell'insegnante da me sostituita perché inferma, i miei studenti delle classi superiori si rifiutarono di entrare in aula, temendo che mi avessero destituito per motivi di incompatibilità.
Fu allora che le nostre strade si separarono, ma tutti mi sono rimasti nel cuore."
Con i miei più cari saluti,
Emilio Montorfano"
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