Giuliana Fabris - (Milano)
Seduta in auto, guardo fuori dal finestrino, mentre mio marito guida tranquillo.
Conosce queste strade di lago, ci è nato e cresciuto.
Oltre i vetri scorre un panorama familiare, amato profondamente. Il mio lago di Como è lì, coi suoi toni di blu, il cielo a nuvole che si riflettono nelle sue acque e il verde delle montagne che gli fanno da corolla. Qualche barca lascia una scia bianca, e i gabbiani volano bassi..

Capita ogni tanto che venga la voglia di rivedere i luoghi dell'infanzia e allora si va, e arrivando a Cernobbio, dopo una sosta in Riva, si fa la vecchia strada del lago fino ad Argegno e poi si sale fino a Lanzo d'Intelvi, il paese dove ho passato la prima parte della mia vita, e dove ho un pezzetto delle mie radici... Passiamo lungo una cancellata di legno, appena prima di Villa Pizzo. Mi rendo conto che è così da quando mi ricordo....
Nulla è cambiato, chiudo gli occhi per un momento, e mi rivedo, seduta con mia madre sulla corriera mentre lasciavamo definitivamente Lanzo per trasferirci a Milano.
Ricordo quel viaggio, come fosse oggi. Mia madre triste, io a sei anni un po' inconsapevole e allo stesso tempo inquieta per quel distacco da un posto che fino al giorno prima era la mia casa, dove sono arrivata piccolissima, a un anno di vita.
E allora, mentre il paesaggio continua a scorrere fuori dal finestrino, mi tornano in mente persone, luoghi e accadimenti legati a quel periodo...
I miei erano custodi della villa degli Herbatschek al Caslé, trasferiti lì dal Friuli, la mia terra natìa. Mio padre si occupava del giardino e mia madre pensava alla villa e alla cucina...ci sono stati per un paio d'anni, poi mio padre trovò un lavoro migliore a Lugano, così, dopo una breve parentesi alla Pietrafessa, trovammo una casa in affitto e ci spostammo in paese. La casa dei Marenghi non era messa bene. A noi avevano affittato un'unica grande stanza al piano terra, con un gabinetto fuori nel cortile. Lì si dormiva e si mangiava. Erano gli anni '50, e non si poteva guardare troppo per il sottile....Non avevamo niente, ma io ricordo quelli come anni difficilissimi ma felici.
E poi c'era la figlia più piccola dei Marenghi, Lucia, con cui avevo fatto amicizia...quante scorribande con lei!
Dopo l'asilo si andava in Pianca, verso il bosco, a fare castagne quando era stagione, oppure al piccolo parco su, verso la Sighignola. A giocare alla guerra con i maschi....un tempo i bambini crescevano per strada, non c'erano i timori e i pericoli di oggi, men che meno in un paese come era Lanzo in quegli anni...
Mantre sono assorta nei miei pensieri, arriviamo a Lanzo e andiamo al Belvedere passando davanti all'incrocio che va al Caslé, tenendoci alla destra una grande pineta...
L'ha piantata mio padre quella pineta, da solo. Ora è una foresta di pini bellissimi, e ogni volta che ci passo davanti il cuore sembra fermarsi per un attimo, ricordando quanta fatica e quanto lavoro è costata. Io l'ho fatta tutta a rotoloni, sfuggendo al controllo dei miei che ci stavano lavorando, sono scivolata non so come, e cadendo sono arrivata fino a valle sulla strada, schivando le altre piante, rotolando senza farmi nulla. Solo un piccolo sassolino è rimasto conficcato a lato della fronte. Avevo due anni o poco più ... spaventati, i miei scesero di corsa in paese per portarmi dal medico condotto, ma era domenica e lui non era in casa, era all'osteria. Ho vivo il ricordo di quel bancone scuro d'osteria, su, in cima alla piazza, vicino alla Macelleria Cirla, dove mi issarono a sedere e dove il dottore mi disinfettò con dell'acquavite e mi tolse il sassolino, lì, davanti a tutti, mentre bevevano allegramente. Di quell'episodio mi resta ancora un leggero avallamento sulla fonte verso la tempia destra....
Dal Belvedere ci spostiamo su alla Sighignola. E' il mio posto dell'anima, è dove torno quando ho bisogno di ritrovare le mie radici, di rivivere sensazioni ed emozioni, di respirare libera senza costrizioni, e di ricordare momenti bellissimi vissuti con mio padre e mia madre, è dove ritrovo l'armonia di un tempo lento, ed è guardando l'infinita bellezza davanti a me che mi rendo conto che il lago e le sue montagne sono una parte importante della mia vita, e lo saranno sempre.
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Conosce queste strade di lago, ci è nato e cresciuto.
Oltre i vetri scorre un panorama familiare, amato profondamente. Il mio lago di Como è lì, coi suoi toni di blu, il cielo a nuvole che si riflettono nelle sue acque e il verde delle montagne che gli fanno da corolla. Qualche barca lascia una scia bianca, e i gabbiani volano bassi..

Capita ogni tanto che venga la voglia di rivedere i luoghi dell'infanzia e allora si va, e arrivando a Cernobbio, dopo una sosta in Riva, si fa la vecchia strada del lago fino ad Argegno e poi si sale fino a Lanzo d'Intelvi, il paese dove ho passato la prima parte della mia vita, e dove ho un pezzetto delle mie radici... Passiamo lungo una cancellata di legno, appena prima di Villa Pizzo. Mi rendo conto che è così da quando mi ricordo....
Nulla è cambiato, chiudo gli occhi per un momento, e mi rivedo, seduta con mia madre sulla corriera mentre lasciavamo definitivamente Lanzo per trasferirci a Milano.
Ricordo quel viaggio, come fosse oggi. Mia madre triste, io a sei anni un po' inconsapevole e allo stesso tempo inquieta per quel distacco da un posto che fino al giorno prima era la mia casa, dove sono arrivata piccolissima, a un anno di vita.
E allora, mentre il paesaggio continua a scorrere fuori dal finestrino, mi tornano in mente persone, luoghi e accadimenti legati a quel periodo...
I miei erano custodi della villa degli Herbatschek al Caslé, trasferiti lì dal Friuli, la mia terra natìa. Mio padre si occupava del giardino e mia madre pensava alla villa e alla cucina...ci sono stati per un paio d'anni, poi mio padre trovò un lavoro migliore a Lugano, così, dopo una breve parentesi alla Pietrafessa, trovammo una casa in affitto e ci spostammo in paese. La casa dei Marenghi non era messa bene. A noi avevano affittato un'unica grande stanza al piano terra, con un gabinetto fuori nel cortile. Lì si dormiva e si mangiava. Erano gli anni '50, e non si poteva guardare troppo per il sottile....Non avevamo niente, ma io ricordo quelli come anni difficilissimi ma felici.
E poi c'era la figlia più piccola dei Marenghi, Lucia, con cui avevo fatto amicizia...quante scorribande con lei!
Dopo l'asilo si andava in Pianca, verso il bosco, a fare castagne quando era stagione, oppure al piccolo parco su, verso la Sighignola. A giocare alla guerra con i maschi....un tempo i bambini crescevano per strada, non c'erano i timori e i pericoli di oggi, men che meno in un paese come era Lanzo in quegli anni...
Mantre sono assorta nei miei pensieri, arriviamo a Lanzo e andiamo al Belvedere passando davanti all'incrocio che va al Caslé, tenendoci alla destra una grande pineta...
L'ha piantata mio padre quella pineta, da solo. Ora è una foresta di pini bellissimi, e ogni volta che ci passo davanti il cuore sembra fermarsi per un attimo, ricordando quanta fatica e quanto lavoro è costata. Io l'ho fatta tutta a rotoloni, sfuggendo al controllo dei miei che ci stavano lavorando, sono scivolata non so come, e cadendo sono arrivata fino a valle sulla strada, schivando le altre piante, rotolando senza farmi nulla. Solo un piccolo sassolino è rimasto conficcato a lato della fronte. Avevo due anni o poco più ... spaventati, i miei scesero di corsa in paese per portarmi dal medico condotto, ma era domenica e lui non era in casa, era all'osteria. Ho vivo il ricordo di quel bancone scuro d'osteria, su, in cima alla piazza, vicino alla Macelleria Cirla, dove mi issarono a sedere e dove il dottore mi disinfettò con dell'acquavite e mi tolse il sassolino, lì, davanti a tutti, mentre bevevano allegramente. Di quell'episodio mi resta ancora un leggero avallamento sulla fonte verso la tempia destra....
Dal Belvedere ci spostiamo su alla Sighignola. E' il mio posto dell'anima, è dove torno quando ho bisogno di ritrovare le mie radici, di rivivere sensazioni ed emozioni, di respirare libera senza costrizioni, e di ricordare momenti bellissimi vissuti con mio padre e mia madre, è dove ritrovo l'armonia di un tempo lento, ed è guardando l'infinita bellezza davanti a me che mi rendo conto che il lago e le sue montagne sono una parte importante della mia vita, e lo saranno sempre.
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da GIULIANA FABRIS - (Milano)
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