Alberto Albonico
In questa foto ci sono io (nella carrozzina), un'amica di
famiglia, mia mamma ed il mio papà.
E' stata scattata in Viale Giulio Cesare e
la casa sullo sfondo, ancor oggi uguale, è dove abbiamo abitato sino al 1953.
Le finestre a piano terra sono così basse perchè, all'epoca della costruzione
della casa, il Cosia era ancora a cielo aperto, quindi 4 o 5 metri sotto.
Quando gli hanno fatto gli argini e coperto tutto, la pavimentazione stradale è
arrivata a lambire le finestre, tant'é che all'interno del cancello il giardino
e la casa sono più in basso di almeno 1 metro.
Il cancello che si vede sulla
destra si apriva sul deposito di
materiale edile della ditta Camporini, se mi ricordo bene il nome. Alle spalle
del fotografo, e quindi sul Viale Giulio Cesare di fronte alla casa, all'epoca
c'era un fruttivendolo ed il negozio del Gaiani Cesare calzolaio.
In Via
Morazzone, più o meno dove ora sorge il centro di analisi cliniche, c'era una
grande casa di ringhiera, arretrata di una cinquantina di metri dalla strada e
più in basso rispetto all'attuale livello stradale, probabilmente
originariamente era al livello del Cosia. Poi, sempre sullo stesso lato, si
trovava la villetta del Prof. Moretti, con la latteria sull'altro lato della
strada, indi la Coperativa gestita dal Sig. Sandro che spargeva un profumo di
"Bologna" per tutta la via.
Più avanti c'erano due case di ringhiera,
messe perpendicolari alla strada, una con il Panettiere Castelli e l'altra con
un'Osteria.
Tutto l'altro lato della strada, a formare un quadrilatero con Via
Mentana ed il Viale Giulio Cesare, era occupato dalle costruzioni industriali
di ben tre seterie, una di seguito all'altra ed erano la FISAC, le Seterie
Comensi e le Seterie Taroni, e pertanto tutto il lato di Viale Giulio Cesare
dove ora c'è il grande magazzino da Via Morazzone fino all'incrocio con Via
Mentana era occupato dal retro di questi opifici col caratteristico tetto ad
una falda, una di seguito all'altra come una grande sega.
A fine Via Mentana,
sulla sinistra, c'era il Macello Pubblico con il veterinario sempre in servizio
cui si poteva all'occorrenza ricorrere anche per gli animali domestici.
In alto
a Via Mentana, il Cosia si interrava e trovavamo sulla sinistra la Via Ambrosoli
che allora era uno stretto budello in terra battuta che passava sotto il ponte,
molto basso, della ferrovia e portava alla Tintoria Pessina, che sorgeva dove
ora c'è Il Dadone.
Prima del ponte della ferrovia c'era il canile che
consisteva in una malandata casetta con un paio di stanzette e, purtroppo, con
una camera a gas per sopprimere i randagi che venivano lì condotti
dall'accalappiacani che girava la città in bicicletta con un laccio di pelle
per catturarli. Quante volte, se non trovavo più il nostro cane in giardino,
sono corso trafelato al canile per vedere se me l'avevano preso!
Dall'altra
parte del Viale Giulio Cesare iniziava la Via Palestro che, nella prima parte
fino a Via Anzani, sulla destra era occupata
dai cosiddetti "Pozzi Neri" che consistevano in enormi vasche
di mattoni dove confluivano i liquami di spurgo delle fosse igieniche delle
case di Como, ivi trasportati da cisterne, dette "bonze", trainate da
cavalli. Su un lato di queste vasche di raccolta c'erano dei bocchettoni per
poterle svuotare. Una volta con un mio
cuginetto eravamo entrati abusivamente nell'area recintata e stavamo camminando
sul fango secco in un avvallamento della stradina interna in terra battuta,
quando la crosta cedette e noi affondammo fino al ginocchio in quello che
scoprimmo subito non essere affatto fango. Non vi dico cosa successe quando
riparammo a casa di mio cugino che abitava lì di fronte, lasciandoci anche una
scia odorosa sulle scale comuni, fino al
terzo piano.
Queste case, dove abitava mio cugino, erano le "Case
Pessina", costruite dalla Tintoria Pessina, nell'allora titolare Tanino
Pessina, per i propri operai e parenti. Sono costituite da tre edifici
adiacenti, ognuno con la sua portineria, ed avevano all'interno un grande
cortile dove i ragazzi potevano giocare e le donne stendere i panni che si
lavavano in tre grandi lavatoi comuni siti in un enorme locale cui si accedeva
dal cortile.
Nel sottosuolo ogni appartamento aveva la sua cantina e dove il
falegname Giorg aveva il suo laboratorio.
Anche allora sull'angolo Via Palestro, Via Anzani c'era
il Bar Cittadella.
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da Alberto Albonico - Pellio Intelvi (CO)
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